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lunedì 7 aprile 2014

La questione delle "Comfort Women"


Con il termine “comfort women”, in coreano ŭianbu 위안부 (慰安婦), si identificano quelle donne, il cui numero è stimato tra le 50 mila e le 200 mila che furono reclutate con la forza dai soldati giapponesi come schiave sessuali durante la seconda guerra mondiale, in quello che fu un vero e proprio progetto del governo nipponico atto a evitare, a seguito degli stupri di massa perpetrati dalle truppe del paese del Sol Levante, l'eventuale rivolta delle popolazioni sottomesse dai giapponesi durante la fase espansionistica del paese in Asia Orientale e a garantire la salute e il morale delle truppe nipponiche. La maggior parte di queste (l'80% ma c'è che riporta anche il 90%) erano coreane, ma non mancavano anche donne provenienti dalla Cina, dal Sudest asiatico (Indonesia, Filippine, Malesia), dallo stesso Giappone e dall'Olanda. Le donne vittime di simili accadimenti furono costrette a subire violenze di ogni tipo, sia fisiche che psicologiche; molte di queste poi morirono a causa delle malattie contratte nei luoghi di scarso igiene nei quali erano costrette a prostituirsi; le sopravvissute, invece, a causa dei pregiudizi della società, non solo furono costrette a vivere nella vergogna, ma non ottennero neppure la condanna dei loro carnefici.




Gennaro.

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